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Nonostante dal 1988 siano ben chiare le responsabilità delle strutture sanitarie ed i controlli che esse devono scrupolosamente effettuare sul sangue dei donatori, continuano a capitare casi di epatite post-trasfusionale.
Spesso, per errore o per poca accortezza, del sangue infetto sfugge al controllo, andando a causare danni gravi ai pazienti che, loro malgrado, si trovano a vivere situazioni decisamente critiche.
Le tempistiche, però, tutelano il paziente che, grazie alla legge 210/92, che all'art.3 comma 1 stabilisce che si hanno tre anni di tempo per rivalersi sulla struttura sanitaria e chiedere un indennizzo per epatite post-trasfusionale.
Le trasfusioni infette, infatti, possono riguardare casi di HIV, ma anche casi di Epatite B (HBC) ed Epatite C (HCV).
La richiesta di risarcimento potrà essere richiesta, in caso di eventuale decesso del paziente, anche da parte dei familiari più stretti, nell'ordine:
Coniuge
Figli
Genitori
Fratelli minorenni
Fratelli maggiorenni
Familiari che potranno, se il ricorso non venisse accolto, rivolgersi entro un anno al giudice ordinario di competenza.
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